GIOCARE
Di
Giorgia Bartolini, psicoterapeuta
Elisa Ceravolo, psicoterapeuta
#IDENTITÀ #CORPO #CONFINI #MOVIMENTO #RELAZIONI #DIVERTIMENTO #SPERIMENTAZIONE #ESPLORAZIONE #VITALITÀ #SIMBOLO #CULTURA #REGOLE #SVILUPPO
Il presente contributo testimonia del laboratorio esperienziale sul corpo e il gioco “Mi metto in gioco” proposto e condotto dalle psicologhe psicoterapeute Elisa Ceravolo e Giorgia Bartolini della Cooperativa Paradigma, ente partner della coprogettazione di Aria-Spazi Reali.
Esso si collega, per la tematica affrontata, a Clubagogo, programma radio di Aria – Spazi Reali che ha dedicato parte della propria programmazione al tema del Gioco. Lo sguardo è quello di due psicologhe impegnate nel lavoro clinico con l’adolescente, e prova a comunicare in modo semplice ed efficace il potere del gioco nella vita de* ragazz* e nel lavoro psicologico.
“Si possono scoprire più cose su una persona in un’ora di gioco
che in un anno di conversazione”
Platone (429-347 a.C.)
Il gioco rappresenta la forma più elevata di espressione della nostra umanità.
Gli esseri umani sono tra i pochi esseri viventi che giocano anche da adulti, anche se tendiamo a dimenticare quanto possa essere vitale avere anche dopo l’infanzia un contesto protetto di svago e divertimento attivo e si preferisce con l’età relegare l’attività ricreativa al ruolo di spettatore, andando a teatro o al cinema.
Sembra tuttavia che la propensione al gioco abbia una componente innata: esiste un “centro ludico”, localizzato nei lobi frontali, che quando si attiva crea una sorta di stato di emergenza simulata.
Il gioco è molto più di una forma di divertimento. È un’attività, ma anche uno stato mentale: offre la possibilità, anche se per un breve periodo di tempo, di poter plasmare il mondo, manipolandone simboli, eventi e creando personaggi e ruoli di fantasia.
Esso consente la scarica emotiva in modo relativamente innocuo, nella misura in cui permette di eliminare lo stress “negativo” (distress) e di vivere una condizione di stress “positivo” (eustress).
Il gioco è anche una forma alternativa di cultura, così come lo sono la musica e l’arte.
Ha luogo in uno spazio separato rispetto a quello della vita quotidiana e si colloca nel tempo, ha un inizio, una durata e una fine. Presenta sempre un certo numero di regole, a volte anche molto complesse, che rappresentano il modo tramite il quale si impara ad ascoltare, avere pazienza, attendere il proprio turno e, in ultima analisi, a vivere in società.
Il gioco riguarda quindi tutta la vita della persona e attraversa la dimensione prevalentemente sensoriale del neonato, la relazione oggettuale dell’infanzia, i ruoli nell’adolescenza, il gioco strutturato di gruppo nell’età adulta fino a giungere ad altre modalità espressive dell’essere umano che in esso trovano l’origine, quali ad esempio il lavoro e l’arte.
Giocare è fondamentale per il benessere della persona.
Ridere, immedesimarsi in altri personaggi o ruoli, cooperare con gli altri, ascoltarsi, usare il corpo. In uno spazio sospeso e in un luogo separato dalla quotidianità, quando si è immersi nel gioco si sperimentano rapporti nuovi ed inediti con noi e con gli altri.
Giocare dà l’occasione di sentire di esserci nel mondo, contribuendo all’esperienza di sé e del proprio agire.
Volgendo lo sguardo ad un’ottica terapeutica, è interessante osservare come l’esperienza ludica possa favorire l’attivazione di problematiche inconsce, la liberazione di contenuti rimossi, attraverso la scarica delle tensioni interne e la ristrutturazione attiva di situazioni passivamente vissute.
In questo senso costituisce non solo una forma naturale di difesa contro l’angoscia, ma anche, tramite il controllo degli oggetti, un’esperienza maturativa dell’Io.
Il gioco può quindi diventare una via per ricomporre la propria unità psicofisica, un ponte per la riunificazione della propria identità.
Il gioco ha una funzione di allenamento delle resistenze e permette di esprimere parti di sé altrimenti inibite e coartate, consente di apprendere in una situazione di minor rischio.
Il gioco diventa comunicazione di vissuti e sogni, sentimenti e pensieri.
All’interno del setting psicoterapico, paziente e terapeuta possono giocare insieme: mettendo in atto scenari possibili e dando voce a differenti parti del Sé, la persona può sperimentare e osservare emozioni e stati interni in un contesto protetto.
Gli aspetti esplorativi e non giudicanti del gioco, la curiosità verso i diversi ruoli giocabili possono costituire esperienze di profonda integrazione: il riconoscere gli obiettivi delle diverse parti del Sé e il loro peculiare modo di proteggere e salvaguardare l’individuo aiutando a ampliare l’immagine di Sé, a diminuire conflitti interni e ad allargare la gamma di risorse utilizzabili.
In terapia il gioco entra anche attraverso l’uso dell’ironia: quando terapeuta e paziente scherzano insieme condividono una comunicazione che tiene insieme significati espliciti ed impliciti, affinando così il livello di comprensione e sintonizzazione reciproca.
Il poter scherzare su qualcosa, sia in termini autoironici che ironici, segnala la capacità di mentalizzare e di creare una distanza significativa tra sé e alcuni vissuti o agiti.
Per poterci “ridere su” paziente e terapeuta devono sentire che quel contenuto è maneggevole e “stressabile” e che può quindi reggere una quota di aggressività contenuta nell’ironia.
Scherzare, giocare in terapia permette di rilasciare endorfine, facendoci sentire subito meglio e in grado di gestire situazioni in altre occasioni percepite come troppo dolorose.
Giocare in terapia aiuta la relazione, la fiducia tra terapeuta e paziente e rinforza la sua capacità riflessiva e la conoscenza di sé, consentendo spesso di arrivare più a fondo senza l’ombra della paura.
Il senso del gioco è allora quello di rendere possibili, con un confronto cosciente, nuovi scenari ed alternative.
Allora non si gioca soltanto con il passato, al fine di sottrarsi per un pò di tempo da esso, ma si gioca con il futuro, al fine di imparare a conoscerlo e, per quanto possibile, anticiparlo.
La ricognizione degli aspetti ipotetici e di nuove alternative rivela quindi la radice profonda del gioco e gli assicura quel grado di serietà che fa della condizione infantile e della condizione adulta i due aspetti, complementari ed insostituibili, della medesima condizione umana.
Il gioco è uno strumento essenziale per la salute psichica e quindi è di per sé terapeutico.
Inoltre, nel mettersi concretamente in gioco si prende posizione e questa attivazione permette di scoprire ed accettare un corpo e una fisicità che sono sovente negati, non sempre percepiti nella loro integrità, distorti e frammentati.
Esistono quindi moltissimi giochi e modi di giocare nel mondo. Alcuni giochi prevedono il contatto fisico, con sé e con gli altri, e questo aspetto arricchisce ancora di più l’esperienza, perché permette di dialogare attraverso i corpi, e riconoscere gli aspetti comunicativi del movimento, postura e confini.
Altri invece non prevedono alcun tipo di contatto.
Addirittura non si gioca nemmeno nello stesso luogo, come nel caso dei videogiochi, che non meno di altre tipologie ludiche, permettono di essere ingaggiati profondamente e, se utilizzati con consapevolezza, possono contribuire alla conoscenza di sé e della propria emotività.
Stimolano l’immaginazione, permettono di dare forma a mondi contemporaneamente fantastici e profondamente collegati all’esperienza.
Altro gioco intenso e dalle grandi possibilità sono i giochi di ruolo: interpretando un personaggio si ha la possibilità di sperimentare altre parti di sé in modo diverso da quello abituale. Il ricoprire ruoli differenti offre il contesto per ampliare l’immagine di sé, scoprendo come dar voce a vissuti o pulsioni che altrimenti non troverebbero parola. Inoltre, dal momento che spesso i personaggi devono cooperare tra loro, avviene una valorizzazione delle diverse caratteristiche di tutti, in un contesto scevro da giudizi o critiche.
A fronte di queste riflessioni condivise abbiamo proposto all’interno del progetto Aria – Spazi Reali il laboratorio “MI PRENDO IN GIOCO”.
Il laboratorio si sviluppa in incontri tematici ed è dedicato a ragazz* tra i 14 e i 28 anni. Attraverso l’uso del corpo e dell’espressività, l’obiettivo è dare l’opportunità a* partecipanti di sperimentare ed esplorare il proprio vissuto intorno al tema proposto, tramite il gioco e il movimento.
Il laboratorio si propone di facilitare un percorso di riscoperta e recupero dell’ascolto di sé, attraverso l’esperienza corporea.
Vengono proposti giochi presi in prestito dal teatro, dalla danza, più in generale dalle attività espressive, senza la componente performativa, per poter ascoltare se stessi alleggeriti dal peso del giudizio. L’aspetto curioso ed esplorativo proprio di questa attività consente inoltre di ancorare la conoscenza di sé al vissuto personale.
L’obiettivo è favorire l’esperienza sensoriale, spontanea ed istintuale di ogni partecipante, verso se stesso e anche in relazione al gruppo.
Questa caratteristica intrinseca del gioco favorisce l’accesso a parti di sé potenzialmente inattive, ammorbidisce gli schemi ripetitivi favorendo l’emergere di nuovi possibili scenari.
L’11 marzo 2023 si è svolto il primo incontro, che è stato dedicato al tema dei Limiti e Confini. Il gruppo, formato da 12 partecipanti, era eterogeneo per età e caratteristiche. Durante il laboratorio sono stati proposti giochi finalizzati all’esplorazione del rapporto di ciascuno con la percezione dei propri confini e di come questi rispondono nell’incontro tra sé e gli altri. La partecipazione è stata attenta, proattiva, aperta e curiosa. Nonostante i membri del gruppo non si conoscessero, si sono resi disponibili ad interagire e ad esplorare insieme ogni gioco proposto: questo dimostra quanto il gioco si renda mediatore, diventi il terzo e si faccia supporto alla possibilità di mettersi in relazione.
La grande e attenta partecipazione e i rimandi diretti de* partecipanti a fine laboratorio ci hanno offerto la misura del gradimento della proposta.
Un primo elemento significativo è stato che tutti i partecipanti si sono fermati a fine laboratorio per poter stare ancora insieme al gruppo in modo informale. Un questionario somministrato al termine dell’incontro ha permesso di raccogliere in modo più puntuale le loro osservazioni.
È stato chiesto l’indice di gradimento dell’esperienza da niente/poco/abbastanza/molto/moltissimo: nessuno ha risposto niente/poco, 5 abbastanza, 4 molto, 3 moltissimo.
Alla domanda “lo rifaresti?” tutt* i/le partecipanti hanno risposto sì. Abbiamo chiesto anche delle specifiche sui giochi, rispetto a quale proposta fosse piaciuta di più e quale di meno e di condividere eventuali commenti. Le risposte sono state variegate, ma nessuno ha evidenziato il “rifiuto” verso un particolare gioco.
Rispetto alla domanda “cosa hai scoperto di nuovo?”, troviamo nuovamente risposte eterogenee con tutte in comune un buon grado di riflessione.
Riportiamo le risposte a questa domanda ritenendole materiale prezioso in termini conoscitivi e come spunto di riflessione:
- Stare in contatto con gli altri
- La lentezza, la capacità di modellarmi con lo spazio, alzare lo sguardo
- Ho scoperto quanto una persona si può avvicinare a me e fare conoscenza senza comunicare
- Forse niente ma ho confermato molte cose
- Degli aspetti di me e come interagisco con gli altri
- Che sono un po’ diffidente, faccio fatica a comprendere quando sto per valicare il limite dell’altro
- Che ci sono persone che riescono ad entrarti dentro anche solo con uno sguardo e che l’essere umano è davvero affascinante
- Mi risulta difficile giocare con persone che non conosco
- La forza del nostro corpo
- Nuove reazioni che ho quando gli altri si avvicinano
- Che giocare con gli altri anche da adulti è bello, che tutt* in un modo o nell’altro vogliamo il contatto
- Nonostante mi metta alla prova ci sono limiti personali che non voglio valicare e oggi ho scoperto che va bene così
Alla luce delle risposte fornite al questionario, dei rimandi spontanei emersi durante il laboratorio e del clima divertente e partecipato dell’incontro, sorge spontaneo il desiderio di proporre nuovi appuntamenti. Incontri durante i quali dare l’opportunità a* ragazz* di sperimentare e aumentare la conoscenza di sé, nel corpo e nel movimento. Occasioni in cui poter esplorare tematiche personali facendone esperienza diretta, all’interno di un ambiente protetto. Laboratori in cui nel gioco poter concedersi l’errore, la caduta, lo sbaglio. Momenti in cui poter ridere.
Il gioco è divertirsi, sperimentare, esplorare ed esplorarsi.
Mettiamoci in gioco!
Elisa Ceravolo e Giorgia Bartolini, psicologhe psicoterapeute, collaboratrici della Cooperativa Paradigma.
La Cooperativa Sociale Paradigma onlus opera da anni sul territorio, promuovendo modelli scientifici di intervento e progetti sociali a favore di persone disabili e di minori. Si occupa inoltre di formazione, proponendo percorsi per medici, psicologi e operatori sociali. All’interno del progetto Aria – Spazi Reali del Comune di Torino, Paradigma coordina l’area psicologica, sia attraverso il coinvolgimento di psicoterapeuti della Cooperativa nel servizio di ascolto psicologico per gli adolescenti sia attraverso attività di supervisione all’équipe di professionisti.