LE INTERVISTE DI CLUBAGOGO

LE INTERVISTE DI CLUBAGOGO

Il gioco: Psicologia, crescita e connessioni.

Intervista alla dottoressa Filomena Sciaudone

 

#GIOCO #SVILUPPO #RELAZIONI #EMOZIONI #CRESCITA #AUTONOMIA #CONOSCENZA #EMPATIA #ADOLESCENZA #CREATIVITA’ #CONNESSIONI

 

Il seguente contributo prende spunto dall’intervista del programma radio CLUBAGOGO di Aria – Spazi Reali alla dottoressa Filomena Sciaudone dell’associazione partner Area G* sul tema del Gioco. La parte introduttiva del conduttore viene utilizzata come spunto di riflessione su un’attività universale dell’essere (e diventare) umano, qual è il gioco, così comune da sfuggire ad un pensiero che si soffermi sulle sue sfaccettature e significati. La dottoressa Sciaudone, psicologa e psicoterapeuta psicodrammatista e conduttrice di gruppi, ci offre uno sguardo interessante e specifico, quello della Psicologia, sulla capacità ludica dell’essere umano, e ne sottolinea il peso significativo lungo lo sviluppo e la costruzione della Persona.

 

Per ascoltare la puntata radio clicca qui

 

SPEAKER: Il Gioco che ruolo assume nella crescita dei bambini e dei ragazzi? 

 

DOTTORESSA FILOMENA SCIAUDONE: Partiamo dalle basi, partiamo da quello che ci riporta per esempio il dizionario Treccani alla voce gioco: «Esercizio singolo o collettivo a cui si dedicano bambini o adulti, per passatempo, svago, ricreazione, o con lo scopo di sviluppare l’ingegno o le forze fisiche…»

Da piccoli giocare serve per crescere e conoscere il mondo, da grandi per stare in salute e curare il proprio corpo. Da piccolini la ginnastica è un gioco, ci si rotola e ci si butta per terra, da grandi è un esercizio fisico.

 

SPEAKER: Guido nella prima puntata ci diceva che un gioco è costituito da regole e le regole sono fondamentali per la vita in comunità. Attraverso il gioco si impara a relazionarsi e a capire l’altro, come si comporta l’altro, il rispetto dell’altro…

Il gioco è una parte fondamentale per crescere, favorisce lo sviluppo cognitivo, socio emotivo e psichico del bambino, favorisce la regolazione emotiva e riduce lo stress. È una parte fondamentale della nostra vita.

Eppure, spesso, quando si parla seriamente, sentiamo dire: non prendere tutto come un gioco!

Insomma, parlare del gioco è complicato. Il gioco si presenta come un fenomeno multiforme. Date tutte queste sfaccettature, chiediamo alla psicologa e psicoterapeuta dell’Associazione Area G, la dottoressa Filomena Sciaudone, che ruolo ha il gioco nella vita dell’uomo.

Inoltre, per quanto riguarda il campo della Psicologia, si può dire che il gioco può essere il test di personalità, lo strumento che aiuta a cogliere gli aspetti di fragilità e di capacità della persona? 

 

FILOMENA: Partirei dalla frase riportata che sottolinea l’ingarbugliamento del significato del gioco: «Non prendere tutto come un gioco!», una frase che non dà valore, non riconosce la validità, sminuisce e impoverisce l’attività del giocare, rendendo il tutto semplificato e senza investimento alcuno.

Invece il gioco costituisce un aspetto fondamentale nella vita dell’uomo, a qualsiasi età.

Giocare non è mai una perdita di tempo, né da bambini, né da adulti, ma è un prendersi cura della propria persona, una esercitazione alla vita per divenire Persone migliori.

La dimensione del gioco ha come significato l’uscire da sé, esprimere, liberare. 

Assumere quella posizione di gentilezza nei confronti della vita. 

Quello sguardo, quello spirito, quella capacità di porsi come soggetto innamorato della vita, che si relaziona con gli altri e con il mondo. 

A proposito di linguaggi e loro significati, ripensando alla definizione dizionario Treccani, prima citata, mi viene in mente quanto la lingua napoletana ci suggerisca un aspetto intrigante perché giocare si dice pazzià. Pazzià come uscire di senno, uscire da sé per essere liberi, liberi di agire… non avere mediazioni date dalle sovracostruzioni mentali, seguire con spontaneità le espressioni dei propri pensieri. La stessa lingua inglese usa il to play nelle diverse accezioni: to play come divertimento, come vedere, suonare e … recitare.

Gioco, ludus, iocus, pazziare, to play, il termine gioco presenta doppie valenze: uscire da sé e cercare di convivere; una comunicazione dialettica tra mondo interno e mondo esterno. 

Capacità che ci permette di vedere l’altra parte, di conoscere l’altro (soggetto) diverso da me, di rendere flessibile un sistema comunicativo/relazionale.

Giocare quindi è un’espressione di libertà, di una ricerca dell’equilibrio, dello star bene nel momento in cui attraverso il gioco si costruisce il benessere.

Giocare è una attività libera e stimola la creatività, la collaborazione con gli altri, la relazione con gli altri; il mettersi in gioco offre la scoperta delle varie possibilità, apre lo spazio per la ricerca della definizione del confine che segna quel limite che ci rimanda la nostra soggettività, la nostra corporeità, la nostra fragilità, ma anche la nostra grandiosità.

Il gioco è un bisogno primario della vita umana.

Nel gioco c’è tutta la dimensione emotiva, l’ansia, la paura, il desiderio. 

Quando noi giochiamo diamo vita a una parte profonda del nostro cuore, del nostro mondo interno, della nostra soggettività. È una grande opportunità per scoprire e accettare i propri limiti, sostenere le proprie performance e capacità, allenarsi nella costruzione dell’espressione di sé e sperimentare la capacità relazionale.

Nel gioco io metto in atto la relazione con l’altro, altro in quanto soggetto diverso da me con cui devo interagire, confrontarmi, creare sinergia. È nel gioco che la persona mostra la propria autenticità. Significa mettersi nella dimensione di presentare il proprio essere. 

Possiamo dire che è un modo di comunicare su come comunicare, in quanto strumento di riflessività.

Ci si apre alla creatività, allo stare al gioco e al mettersi in gioco. Ci si misura con il mondo delle regole, dello stare insieme attraverso il riconoscimento in una logica di condivisione e di gratuità.

Si entra nel mondo della fantasia, del simbolico e dell’attività immaginativa; funzioni psichiche importanti grazie alle quali il soggetto dà forma e contenimento alle proprie emozioni.

In Psicologia, le sedute con i bambini e quindi tutta l’osservazione psicologica e psicodiagnostica si svolge attraverso e nella dimensione del gioco.

All’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, il professore Montecchi, di fronte a situazioni di estrema gravità, sofferenti e compromesse, là dove la parola era silente, aveva creato uno spazio per permettere alla sofferenza di esprimersi attraverso il gioco con la sabbia: la sand play therapy.

Grazie a questa pratica terapeutica, con le mani si esprimeva ciò che la mente non riusciva a dire e ricordare (mi riferisco a quelle situazioni di blocco, di trauma) e attraverso la manipolazione della sabbia, la costruzione di scenari con oggetti a disposizione, potevano emergere quegli aspetti “imprigionati” nel mondo interno attraverso il gioco delle rappresentazioni.

E, vorrei sottolineare, non solo osservazione, diagnosi, ma anche processo curativo, di risoluzione degli aspetti conflittuali, in quanto, attraverso il gioco di rappresentazione, si creano possibilità di aggiustamento, di modulazione, di creazione di nuove aperture e possibilità, di risoluzione, di trasformazione.

Parentesi: nelle formazioni per gli adulti, nel mondo del lavoro, l’esercitazione del gioco (per es. il gioco di ruolo) si utilizza proprio per affrontare problemi importanti, cogliere le dinamiche relazionali, risolvere i conflitti e creare nuove ipotesi costruttive.

È lo strumento per eccellenza della comprensione a vari livelli.

Il gioco ha un potere di protezione, di cura e di trasformazione,

Nel gioco si rilasciano le tensioni per creare relazione. Non solo per i bambini, ma anche per gli adulti ci riguarda e ci attraversa a livello universale.

Se per il bambino il gioco è di vitale importanza per l’adolescente il gioco rappresenta l’attività liberatoria che favorisce l’equilibrio delle tensioni interne con quelle esterne, creando un raccordo, un ponte speciale tra mondo interno e mondo esterno. In tal senso, in adolescenza, il gioco assume una valenza al contempo evolutiva e preventiva. 

È una strada per incontrare la dimensione emotiva, è costruzione di equilibrio, di pensiero, di serenità, di differenziazione e di individuazione.

Per l’adolescente il gioco è l’opportunità per apprendere e sperimentare la propria identità e autonomia, per costruire la propria autostima e padronanza di sé, per aumentare lo spirito di gruppo, favorendo il senso di appartenenza.

Con il gioco si favorisce l’accrescimento della determinazione e dello sviluppo di capacità di adattamento, di mediazione, di incontro con l’altro, diverso e/o lontano da me. Si allena la pazienza, l’attenzione, la capacità di ascolto e di confronto, ma soprattutto si assiste all’aumento della lealtà e dell’autenticità. 

Sono tutti elementi per sentire e modellare l’empatia, per creare capacità relazionale. Il gioco per l’adolescente diventa l’elemento relazionale imprescindibile.

In conclusione, possiamo trasformare il monito iniziale in: prendi tutto come un gioco! come un invito ed un augurio a giocare la vita, in tutte le sue fasi, a giocarla con tutta la forza, la gioia, la serenità ed anche l’impegno e la serietà di cui siamo capaci.

 

*L’Associazione Area G ETS da più anni è partner del progetto Aria-Spazi Reali. Al suo interno si occupa di ascolto psicologico per adolescenti e giovani, prende parte al coordinamento in Cabina di Regia e conduce la supervisione agli operatori psicologi. Sul territorio Area G è attiva nel sostegno psicologico gratuito per adolescenti, per genitori e famiglie dei ragazzi, nelle scuole e nei collegi universitari.